Con cadenza quasi quotidiana Telegiornali, documentrari, summit internazionali e trasmissioni varie ci martellano sul grave pericolo del Cambiamento Climatico...
Anche nelle università e nei licei gli studenti vengono subissati con tali notizie, e già dalle elementari qualsiasi bambino saprà spiegarvi per filo e per segno il presunto meccanismo del Global Worming...
Ci dicono che gran parte degli scienziati sia d'accordo nell'affermare che il Global Warming esiste, e che se non facciamo qualcosa al più presto la catastrofe sarà inevitabile.
Sciorinano, dati (poi rivelatesi clamorosamente falsi) e simulazioni al computer (di dubbia valenza scientifica e scarsissimo potere predittivo anche a breve termine); mostrano grafici e animazioni.
Ciò succede da più di 30 anni, e sono spesso gli stessi loschi figuri a fare i profeti di sventure apocalittiche fin dagli anni '70.
La cosa divertente però è che 30 anni fa quegli stessi personaggi annunciavano un imminente e catastrofica Era Glaciale, dicendo anche allora che tutti "Gli Esperti" erano concordi, facendo vedere grafici e dati, ed essendo ripresi con toni sensazionalistici dai giornalisti di turno.
La Nuova Era Glaciale doveva incombere entro pochi decenni a causa del cosiddetto "Effetto Frigorifero", ovvero le particelle incombuste prodotte dall'uomo in gran quantità con auto e fabbriche avrebbero dovuto fungere da nuclei di condensazione aumentando la superfice terrestre coperta da nuvole, e quindi aumentando di rimando la quantità di energia solare riflessa fuori dall' atmosfera. Ciò avrebbe, secondo "Gli Esperti" provocato un raffreddamento Globale e una nuova Glaciazione, con il solito corollario di devastazioni ambientali, morti per fame dovuta alla drastica riduzione dei raccolti, malattie, guerre e catastrofi varie...
Allora come oggi la ricetta sostanziale per prevenire il disastro era pressocchè la stessa: far diminuire la popolazione a partire dai paesi del Terzo Mondo e far diminuire drasticamente le attività antropiche causa del rilascio di polveri incombuste (traffico auto, fabbriche, centrali a carbone e petrolio, uso dei combustibili fossili in generale, ecc).
Nessuna Era Glaciale si verificò, così come nessuna drastica diminuzione dei raccolti ecc.
30 anni più tardi ai Soliti Noti venne allora una nuova idea: perchè non inventarsi, questa volta, NON che sta per arrivare una nuova Glaciazione entro 10-20 anni ma un periodo caldo catastrofico entro 50-100 anni?
Furbamente si pensò di dare la colpa di tutto ciò ad una molecola ben più innoqua delle polveri incombuste: la CO2.
Accusare la CO2 è infatti assolutamente geniale: noi umani non possiamo fare NULLA senza produrre CO2!
Anche respirare produce CO2, così come allevare bestiame, trasportare esseri umani o beni materiali (es cibo), produrre beni di qualsiasi tipo, in gran parte dei casi produrre elettricità, produrre e stoccare alimenti...isomma TUTTO, dagli svaghi ai bisogni primari!
Quale scusa migliore per imporre drastiche politiche al mondo intero, se non la minaccia di qualcosa che non possiamo non produrre?
Qui sotto copio un estratto dell' Introduzione al libro "Le Bugie degli Ambientalisti" di Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari (il libro sembra sostanzialmente interessante, anche se tradisce un ipostazione cattolica che io non condivido).
LINK ORIGINALE: http://www.lebugiedegliambientalisti.it/pdf/intro2.pdf
Buona Lettura:
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[CUT]
Come nota un altro famoso climatologo, Craig Bohren, docente emerito della Pennsylvania State University, è difficile non essere scettici quando si nota che i maggiori propugnatori della tesi del riscaldamento globale sono gli stessi che non molto tempo fa agitavano lo spettro del raffreddamento globale. "Il caso più clamoroso è quello di Steven Schneider: circa 30 anni fa era in prima fila a lanciare l'allarme per una imminente età glaciale. Allora la responsabilità era di particelle immesse nell'atmosfera dalle attività umane. Non c'è dubbio che qualsiasi saranno i cambiamenti climatici lui potrà dire correttamente di averlo previsto" [7]. Schneider, peraltro, è stato anche tra i consiglieri del presidente americano Bill Clinton, ma certamente non è stato l'unico "allarmista di professione", dal raffreddamento al riscaldamento.
Ad esempio Nigel Calder, celebre divulgatore scientifico, scrivena in un suo libro nel 1977: "Il pericolo di una nuova era glaciale risulta ora più minaccioso ed incombente di quanto gli esperti non avessero temuto pochi anni or sono" [8]. Gli esempi si potrebbero moltiplicare, basterà sinteticamente citare un esemplare articolo apparso sul settimanale americano Newsweek il 28 aprile 1975, dal titolo The cooling world (il mondo in raffreddamento). Il tono dell'articolo è lo stesso cui siamo ormai abituati oggi: "C'è ormai l'evidenza di cambiamenti drammatici del clima sulla terra e che questi cambiamenti porteranno a una drastica diminuzione nella produzione di cibo, con serie implicazioni politiche per quasi ogni nazione sulla terra".
I cambiamenti sono evidenti, le conseguenze catastrofiche. E, ovviamente, l'articolo si premura di sottolineare che nella comunità scientifica "il consenso è pressoché unanime".
Stesse identiche frasi che sembrano riprese dai giornali delle ultime settimane, solo che allora si parlava della prossima età glaciale. Identico è però l'obiettivo: convincere l'opinione pubblica che ci saranno inevitabili catastrofi – il crollo nella produzione di cibo con conseguenti carestie, milioni di morti per fame e ovviamente guerre – a meno che non si intervenga in tempo con politiche ambientali mirate.
Ecco le previsioni su cui gli scienziati nel 1975 erano "pressoché unanimi": "Entro dieci anni ci sarà un drastico calo nella produzione di cibo... Le regioni destinate ad accusare il maggiore impatto sono le grandi aree per la produzione di grano in Canada e nell'Unione Sovietica".
Come è andata effettivamente? Basta spulciare fra le statistiche della FAO, l'organismo dell'ONU per l'agricoltura e il cibo: ebbene dagli anni '70 a oggi il tasso annuale di crescita nella produzione di cibo si è mantenuto a livello mondiale intorno al 2,4%, mentre la produzione pro capite ha addirittura visto un incremento del tasso annuo di crescita dallo 0,7 all'1%.
E il grano? Tra il 1970 e il 2001 la produzione complessiva è aumentata del 62,4%, anche se c'è stato un rallentamento nel tasso annuo di crescita (dal 2,3 allo 0,8%). Addirittura per il Canada l'incremento ha superato il 70%, mentre le regioni dell'ex URSS hanno visto un incremento di appena l'8% (ma il problema nasce negli anni '90 con i problemi economici e politici legati al crollo del comunismo, niente a che vedere con i cambiamenti climatici) [9].
Nessuna catastrofe dunque e - pare – nessuna età glaciale incombente visto che oggi gli allarmi puntano sul fronte opposto.
Si ha la netta percezione che i cambiamenti climatici siano in realtà un pretesto per raggiungere altri obiettivi. Quali? Per capirlo possiamo notare che c'è un minimo comune denominatore negli opposti allarmismi che ci martellano da oltre trenta anni: la richiesta urgente di limitare al massimo le attività umane o, per essere più precisi, limitare al massimo la presenza umana sia quantitativa sia qualitativa.
E' questo anche il fondamento su cui poggia il concetto di sviluppo sostenibile [10].
Le modalità previste per arrivare a questo scopo sono quindi due: il controllo delle nascite, essenzialmente nei Paesi Poveri (limitazione quantitativa), e lo stop allo sviluppo, a partire dai paesi ricchi (limitazione qualitativa).
Sono queste anche le strade maestre indicate dall'Agenda 21, la Magna Charta delle politiche ambientali approvata al primo Summit della Terra, ovvero la Conferenza Internazionale dell'ONU sull'Ambiente e lo Sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992 [11].
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NOTE:
Per le note guardare l'articolo originale QUI linkato.
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Questo articolo è presente, con LO STESSO TITOLO, anche sul blog:
"Effetto Serra: la Grande Bufala"
http://effetto-serra.blogspot.com
Ad esempio Nigel Calder, celebre divulgatore scientifico, scrivena in un suo libro nel 1977: "Il pericolo di una nuova era glaciale risulta ora più minaccioso ed incombente di quanto gli esperti non avessero temuto pochi anni or sono" [8]. Gli esempi si potrebbero moltiplicare, basterà sinteticamente citare un esemplare articolo apparso sul settimanale americano Newsweek il 28 aprile 1975, dal titolo The cooling world (il mondo in raffreddamento). Il tono dell'articolo è lo stesso cui siamo ormai abituati oggi: "C'è ormai l'evidenza di cambiamenti drammatici del clima sulla terra e che questi cambiamenti porteranno a una drastica diminuzione nella produzione di cibo, con serie implicazioni politiche per quasi ogni nazione sulla terra".
I cambiamenti sono evidenti, le conseguenze catastrofiche. E, ovviamente, l'articolo si premura di sottolineare che nella comunità scientifica "il consenso è pressoché unanime".
Stesse identiche frasi che sembrano riprese dai giornali delle ultime settimane, solo che allora si parlava della prossima età glaciale. Identico è però l'obiettivo: convincere l'opinione pubblica che ci saranno inevitabili catastrofi – il crollo nella produzione di cibo con conseguenti carestie, milioni di morti per fame e ovviamente guerre – a meno che non si intervenga in tempo con politiche ambientali mirate.
Ecco le previsioni su cui gli scienziati nel 1975 erano "pressoché unanimi": "Entro dieci anni ci sarà un drastico calo nella produzione di cibo... Le regioni destinate ad accusare il maggiore impatto sono le grandi aree per la produzione di grano in Canada e nell'Unione Sovietica".
Come è andata effettivamente? Basta spulciare fra le statistiche della FAO, l'organismo dell'ONU per l'agricoltura e il cibo: ebbene dagli anni '70 a oggi il tasso annuale di crescita nella produzione di cibo si è mantenuto a livello mondiale intorno al 2,4%, mentre la produzione pro capite ha addirittura visto un incremento del tasso annuo di crescita dallo 0,7 all'1%.
E il grano? Tra il 1970 e il 2001 la produzione complessiva è aumentata del 62,4%, anche se c'è stato un rallentamento nel tasso annuo di crescita (dal 2,3 allo 0,8%). Addirittura per il Canada l'incremento ha superato il 70%, mentre le regioni dell'ex URSS hanno visto un incremento di appena l'8% (ma il problema nasce negli anni '90 con i problemi economici e politici legati al crollo del comunismo, niente a che vedere con i cambiamenti climatici) [9].
Nessuna catastrofe dunque e - pare – nessuna età glaciale incombente visto che oggi gli allarmi puntano sul fronte opposto.
Si ha la netta percezione che i cambiamenti climatici siano in realtà un pretesto per raggiungere altri obiettivi. Quali? Per capirlo possiamo notare che c'è un minimo comune denominatore negli opposti allarmismi che ci martellano da oltre trenta anni: la richiesta urgente di limitare al massimo le attività umane o, per essere più precisi, limitare al massimo la presenza umana sia quantitativa sia qualitativa.
E' questo anche il fondamento su cui poggia il concetto di sviluppo sostenibile [10].
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